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Fondi pro-vita? Prendiamoceli!

pro-vita fondi anti aborto

E del perché non dobbiamo abboccare ma lasciar esplodere le contraddizioni

Fatemela prendere da lontano. A me questa storia del fondo di 400 mila euro della giunta piemontese a favore delle donne che rinunciano all’aborto, per una bizzarra associazione mentale, ha fatto venire in mente quella che viene considerata la prima protesta delle donne trans di Milano, il 4 luglio 1980. Lo so, può sembrare un’associazione di idee curiosa, ma portate pazienza e seguitemi.

La storia è questa: un gruppo di donne trans arriva al Lido comunale di Milano (struttura imponente: malissimo in arnese dentro, in pomposa architettura fascista fuori). Hanno quasi tutte delle grandi tette invidiabili ma per la legge italiana sono e saranno sempre e solo maschi. Una volta entrate, si tolgono il reggiseno esibendo uno spettacolare topless per la gioia dei giovani e meno giovani frequentatori e nella costernazione generale di tutti gli altri. Naturalmente vengono richiamate a più consoni costumi. Copritevi, ci sono i bambini. E allora cosa fanno? Esibiscono la carta d’identità. La legge dice che sono uomini, e in quanto uomini non hanno nessun obbligo di portare un reggiseno. Il casino che succede, ve lo lascio immaginare.

Ciò che hanno messo in atto, quelle geniali, spudorate e decisamente simpatiche ragazzone, è di una semplicità sconcertante. Hanno fatto esplodere una contraddizione. Hanno messo a nudo (e proprio di fatto) un sistema di valori con una doppia morale che non reggeva più, in una società incapace di accettare le unicità, omologata alla paura di accogliere ogni cosa che non possa essere controllata da un’autorità inutilmente severa e decisamente prescrittiva.

Credo che dovremmo fare tesoro di tanto coraggio e inventiva: invece di scagliarci rabbiose contro i guardiani del nostro corpo, forse dovremmo provare a mettere in campo nuove strategie. Quelle, appunto, che facciano esplodere le contraddizioni. Ragioniamo un attimo su cosa potrebbe succedere una volta passata questa riforma, che pretende di dare la paghetta a tutte le donne che scelgono di non abortire, con tanto di associazioni pro life nei consultori.

Innanzitutto chiediamoci: come possono quei solerti volontari pro-vita avere la certezza che una donna abbia veramente intenzione di abortire e non sia lì per prendersi i soldi e basta? Le fanno un quiz? La macchina della verità? Devono produrre dei testimoni? Già qui fa scappare da ridere. E badate, non biasimo in alcun modo una donna che dichiara di voler interrompere una gravidanza anche se non ne ha nessuna intenzione: in Italia non esiste alcuna seria politica di supporto alla natalità. Un asilo nido costa al mese come una vacanza in Costa Smeralda, i campi estivi non si detraggono dalle tasse, a scuola devi portare la carta igienica da casa, all’università i figli fuorisede ce li mandi solo se puoi permetterti un affitto stratosferico e sei disposto a farli vivere in una cantina spacciata per loft. Sempre che tu non abbia bisogno di un insegnante di sostegno…

Quindi sì, trovo legittimo prendere per il culo i pro-vita nei consultori. Una protesta di massa, una protesta di future pance che va a reclamare la mancia per tenere il suo bambino. Come se bollette e affitto pagati per 18 mesi possano fare la differenza in una scelta così importante. Come se il desiderio di una donna di portare a termine la gravidanza o meno avesse esclusivamente una motivazione economica. A furia di occuparsi di Dio, Patria e Famiglia hanno lasciato indietro la psicologia, la sociologia e il concetto autentico d’amore e desiderio.

Cosa succederebbe a quel punto? In 4 minuti, fondi finiti. E allora qui comincia il divertimento, perché i nostri “paladini della vita” dovrebbero trovare uno strumento per selezionare le richieste. Strumento che, da sempre e con alterne fortune, è identificato nel calcolo ISEE. Donne povere sì, donne ricche no. Quindi le donne ricche possono abortire senza ripensamenti? E senza leva economica, come le convinci?

E ancora: ma chi sono – dati alla mano – le più povere tra le donne povere? E chi sono le donne povere che restano maggiormente incinte? Volete indovinare? Le donne di origine straniera, monoreddito e con altri figli a carico.

A questo punto, non so voi, ma io sarei assolutamente felice di poter dare una mano a queste persone attraverso i fondi pro-vita direttamente nei consultori, dove già che son lì potrebbero anche apprendere qualche concetto base sulla contraccezione. Infatti ad abortire sono in grande maggioranza proprio le donne di origine straniera con un basso tasso di alfabetizzazione. Io sarei contenta, ma la giunta piemontese a maggioranza Lega e Fratelli d’Italia lo sarebbe altrettanto? Ho ragione di dubitarne.

E qui, il grande epilogo: panico in giunta. Perché salterà su un’anima bella a dire: prima le Italiane! E giù ricorsi al Tar, perché se una persona è residente e paga le tasse, non puoi escluderla dagli aiuti pubblici in virtù delle sue origini. Insomma, se invece delle tette ci mettiamo le pance, c’è comunque la possibilità di fare un bel casino. Se invece preferiamo la solita vecchia invettiva beh, io non so se saremo in grado di farci ascoltare. Non oggi, non dopo le recenti elezioni. Gli strumenti per lottare sono tanti, bisogna scegliere quelli adatti al contesto.

Immagine: fotografo anonimo, un reparto maternità in Francia, 1918, Public domain

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